Il lato sensibile dell’analista

Cos'è l'analisi di sensibilità e perchè è bene farla!

A cura di Matteo Vettori

Introduzione.

Il lavoro dell’ingegnere (e quello del progettista) richiede una caratteristica particolare: l’attenzione ai dettagli e la capacità di fare ipotesi in modo ragionato e supportato da evidenze.

Questo è particolarmente vero quando si parla di analisi agli elementi finiti…

Trarre delle conclusioni a partire da una “prima occhiata” è una delle cose più naturali e comuni di ogni essere umano, quante volte ci è capitato di inquadrare (squadrare) una persona in pochissimi minuti (secondi).

Fare ipotesi è qualcosa che un ingegnere fa quotidianamente, ed è una pratica necessaria per poter risolvere problemi e calcolare strutture e componenti. Fare analisi FEM è poi tutta una questione di ipotesi! Dalle proprietà dei materiali, alla schematizzazione del problema, dalle condizioni di carico alle condizioni di vincolo. Qualsiasi ipotesi fatta si fonda su una presunzione di veridicità. Ma come facciamo a capirne l’influenza sul risultato di un calcolo e di conseguenza l’ “opportunità” di una data ipotesi? 

L’analisi di sensibilità o “sensitività” (sensitivity study) è il metodo per capire quanto i risultati di un calcolo sono influenzati da variazioni delle ipotesi fatte a monte del calcolo. Attraverso uno “studio di sensibilità” è possibile quindi avere un quadro più ampio sull’attendibilità del modello FEM.

In questo breve articolo affronto attraverso un esempio semplice ma concreto il tema dell’analisi di sensibilità (sensitivity analysis) in un modello FEM. L’analisi di sensibilità permette di stimare l’influenza di diverse scelte modellistiche sul risultato prodotto dal modello. Nell’esempio viene analizzato l’effetto di diverse condizioni di vincolo sul risultato di una analisi strutturale. Il settore è quello delle macchine automatiche per il packaging, ma il problema può essere steso a svariate tipologie di macchine e di costruzioni.

Il problema e la sua schematizzazione.

Il caso di studio è relativo al basamento di una macchina automatica di riempimento bottiglie, illustrata in figura 1. Si tratta di un telaio realizzato di profilati in acciaio a sezione quadrata cava (square hollow section – SHS) sul quale è montato il monoblocco macchina con tutte le necessarie automazioni, per una massa totale pari a 15,7 ton. Il monoblocco macchina è appoggiato, imbullonato al telaio.

Il modello FE del telaio (figura 1) è stato costruito utilizzando elementi di tipo trave (BEAM) monodimensionali con sezione equivalente alla sezione dei profili utilizzati. Ogni profilo è suddiviso in 10 elementi. Il peso del gruppo macchina, che ha baricentro molto vicino al suo piano di appoggio al telaio (il filo superiore del telaio basamento) è stato modellato come massa distribuita sulla cornice superiore del telaio, trascurando cosi un eventuale contributo di rigidezza del gruppo macchina.

La condizione di vincolo è soggetta a differenti interpretazioni / ipotesi.

Figura 1. Il telaio della riempitrice è realizzato di profili a sezione cava. La sua schematizzazione è fatta attraverso elementi 1D di sezione equivalente 50 x 50 x 3mm, definita a partire dalla libreria di sezioni 1D disponibile in midas NFX.

Quale vincolo?

Il telaio è posato su un pavimento industriale di cemento. In funzione del tipo di piede utilizzato e dell’ipotesi relativa sul suo comportamento si avranno diverse condizioni di vincolo. In dettaglio in base a tre diverse ipotesi si identificano altrettante tipologie di vincolo. Tutte e tre le soluzioni rappresentano un vincolo puntiforme al pavimento, ma la combinazione dei gradi di libertà vincolati è differente.

Il basamento di una macchina automatica è appoggiato a terra (figura 2) (i) flangiato in modo rigido oppure (ii) su piedini commerciali, con o senza snodo sferico, oppure (iii) possono essere impiegate delle ruote. In presenza di piede rigido flangiato (i) il vincolo puntuale a cui è naturale pensare è il vincolo di incastro con traslazioni e rotazioni impedite (Txyz, Rxyz = 0). Nel caso di un piedino commerciale (ii) il vincolo cerniera o “Pin” che impedisce le traslazioni ma non le rotazioni (Txyz = 0) è quello che più gli si avvicina. Nel caso di ruota (iii) devono essere liberato l’ulteriore grado di libertà alla traslazione ricorrendo quindi al vincolo carrello che nella sua espressione più generale blocca esclusivamente la traslazione verticale (Tz = 0).

Figura 2. Tipologie di piede e corrispondente soluzione di vincolo a cui viene spontaneo pensare.

Definite le idealizzazioni di base, le speculazioni sulla loro adeguatezza si sprecano tra gli analisti più precisi o vengono del tutto soprassedute dai meno esperti.

I piedi rigidi hanno una rigidezza propria finita, analogamente il piedino commerciale introduce una cedevolezza verticale dovuta alla gomma e una resistenza alla rotazione dovuta ad attriti e/o per la costruzione stessa del piede, infine la ruota ha un certo grado di resistenza al rotolamento e una propria rigidezza nelle altre direzioni.

Schematizzare bene una di queste condizioni non è semplice e richiederebbe prove di caratterizzazione del vincolo. Personalmente, questa pratica consigliata l’ho vista adottata solo nel settore dei magazzini verticali o nelle scaffalature (e non sempre!) perché il vincolo (fisico o numerico) è spesso quel parametro che fa “stare in piedi” o meno la struttura (numericamente e fisicamente!).

Quello che è certo è che nei settore automazione, macchine automatiche, alimentare e packaging il gioco non vale la candela, e i tipi di vincolo normalmente utilizzati sono quelli derivanti da combinazione di vincoli semplici.

Quale il migliore?
…la risposta purtroppo non c’è, o meglio non esiste una risposta univoca!

Ma allora, come posso capire l’errore di una schematizzazione o l’altra?
…ecco spiegato a cosa serve uno studio di sensibilità!

Vediamo un esempio

Chiarito il perché di uno studio di sensibilità entriamo nel vivo del nostro esempio.

Alla luce di quanto detto il nostro telaio può essere schematizzato in tre modi distinti, in relazione si al tipo di piede, ma comunque non pienamente e non in modo univoco. Delle tre configurazioni di vincolo (i), (ii) e (iii) precedentemente descritte qui prenderemo in considerazione solo le prime due, illustrate in figura 3, rappresentative della condizione incastro (i) / (a), cerniera (ii) / (b). La condizione su ruote la rimandiamo all’articolo esteso sul numero 03 del nostro CAEeXpresso – Tech Journal.

Figura 3. Tipologie di vincolo confrontate.

In questo caso fare l’analisi di sensibilità, l’avrete capito, si traduce nel lanciare due simulazioni, differenti solo per le condizioni di vincolo, al fine di valutare l’effetto del vincolo stesso sui risultati dell’analisi.

Nel dettaglio sono state fatte sia un’analisi statica lineare per valutare le differenze in termini di deformazioni e sollecitazioni, ed un’analisi modale al fine di valutare l’influenza anche in caso di vibrazioni.

Il confronto delle deformazioni e dei momenti flettenti nei membri mostra che l’ipotesi di incastro e quella di cerniera non si discostano significativamente fra di loro: nel caso cerniera (B) la deformata aumenta del 6% ed il momento flettente massimo del 4%.

Dal punto di vista dinamico le differenze si fanno sentire di più. La prima frequenza propria del telaio tra incastro (A) e cerniera (B) si abbassa di quasi il 50%, da quasi 8 Hz a 4 Hz.

Tipologie di piede e corrispondente soluzione di vincolo a cui viene spontaneo pensare.

Tipologie di piede e corrispondente soluzione di vincolo a cui viene spontaneo pensare.

Conclusioni.

Quanto descritto dimostra come anche per un problema semplice (normalmente i più “insidiosi”) la schematizzazione del vincolo gioca un ruolo molto importante sulla correttezza o adeguatezza dei risultati. Fare ipotesi sulle condizioni al contorno non è “un gioco da ragazzi”. Spesso affrontiamo un modello semplice con un pizzico di superficialità che, se non ce ne accorgiamo, rischia di portarci più o meno fuoristrada, mostrandoci risultati che (ahinoi) possono essere peggiori o migliori della realtà, portandoci a conclusioni conservative o pericolose!

Per un analista esperto potrebbe essere una questione di esperienza ( …fidatevi, spesso non è cosi), ma per tutti gli altri (ed anche per gli esperti!) fare ipotesi sulle condizioni di vincolo senza verificarne gli effetti è come giocare d’azzardo …
Il lavoro dell’ingegnere – lo dovremmo sapere – è un lavoro volto a calcolare e ridurre un rischio di un prodotto o di una applicazione, in questo caso il rischio è quello dell’ingegnere stesso, ed è quello di sbagliare. Qual è il modo per ridurre questo rischio? Prendere delle decisioni d modellazione supportati da una analisi di sensibilità, confrontando le diverse plausibili scelte di schematizzazione fra loro, una per una, in relazione ai risultati del modello e prendere decisioni basate sui risultati che riteniamo più corretti/veritieri.

“Tutti i modelli sono approssimazioni. In sostanza, tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni di loro sono utili. Il carattere approssimativo del modello va comunque tenuto sempre presente.”

George Edward Pelham Box

In sintesi ...

Quello che vi ho raccontato dimostra in modo chiaro come un approccio “One-shot” ad una modellazione FE non sia mail uno buona idea. Uno studio di sensibilità è lo strumento a nostra disposizione per capire se quello che stiamo facendo lo stiamo facendo bene… e personalmente credo sia molto meglio spendere qualche mezz’ora in più in questa attività che lasciare le cose all’intuito o alla fortuna…

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